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DAL 10 AL 13 FEBBRAIO LO STABILE PRESENTA “SE QUESTO È UN UOMO”, ADATTAMENTO SCENICO DEL ROMANZO DI PRIMO LEVI DIRETTO E INTERPRETATO DA VALTER MALOSTI

Lo spettacolo realizzato in occasione del centenario della nascita di Primo Levi, fa rivivere la voce di Levi che più di ogni altra ha saputo far parlare Auschwitz. “Se questo è un uomo” rientra nel progetto “Bolzano Città della Memoria 2022”. Giovedì 10 febbraio alle 18.00 nel foyer del Comunale si terrà un incontro aperto al pubblico in collaborazione con il Centro Internazionale di Studi Primo Levi che vedrà la partecipazione di Valter Malosti e del Prof. Alberto Cavaglion.

La voce di Primo Levi è la voce che più di ogni altra ha saputo far parlare Auschwitz: la voce che da oltre settant’anni, con “Se questo è un uomo”, racconta ai lettori di tutto il mondo la verità sullo sterminio nazista. È una voce dal timbro inconfondibile, mite e salda: «considerate che questo è stato». Nel 2019, in occasione del centenario della nascita di Levi, Valter Malosti ha firmato la regia e l’interpretazione di “Se questo è un uomo” portando per la prima volta in scena direttamente il romanzo edito da Einaudi, senza alcuna altra mediazione, e la voce di questa irripetibile opera prima, che è il libro più atroce e più bello del ventesimo secolo. Presentato nell’ambito della stagione dello Stabile bolzanino dal 10 al 13 febbraio al Comunale di Bolzano (giovedì 10 e sabato 12 alle 20.30; venerdì 11 alle 19.00 e domenica 13 alle 16.00), “Se questo è un uomo” porta in scena il racconto di Levi che nella sua nudità sa restituire la babele del campo – i suoni, le minacce, gli ordini, il rumore della fabbrica di morte. Prodotto da ERT/ Teatro Nazionale in collaborazione con TPE - Teatro Piemonte Europa, Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale e Teatro di Roma - Teatro Nazionale, lo spettacolo nasce dalla condensazione scenica del testo di Domenico Scarpa e dello stesso Malosti. La voce è quella del testimone-protagonista, ma i suoi registri sono molti. La voce di “Se questo è un uomo” contiene in realtà una moltitudine di registri espressivi, narrativi, percettivi e di pensiero. Questi registri, questi fotogrammi del pensiero nel suo divenire sono la vera azione del testo. Riflessioni, guizzi, rilanci filosofici e psicologici, flash-back e flash-forward, “a parte” cognitivi. «Volevo creare un’opera – dice Malosti – che fosse scabra e potente, come se quelle parole apparissero scolpite nella pietra. Spesso ho pensato al teatro antico mentre leggevo e rileggevo il testo. Da qui l’idea dei cori tratti dall’opera poetica di Levi detti o cantati. Da qui ha preso le mosse l’idea di utilizzo dello spazio. Una sorta di installazione d’arte visiva più che una classica messa in scena teatrale».
Con la scenografa Margherita Palli, Malosti ha immaginato un cortocircuito visivo tra la memoria del lager e le «nostre tiepide case». Il progetto sonoro, curato da Gup Alcaro, è fondamentale in questa riscrittura scenica: “Se questo è un uomo” è anzitutto un’opera acustica. A fare da contrappunto di pura e perfetta forma i tre madrigali originali creati da Carlo Boccadoro a partire dalle poesie che Levi scrive nel 1945-46, immediatamente dopo il ritorno dal campo di annientamento. Ma risultano fondamentali nel comporre la drammaturgia visiva il disegno luminoso di Cesare Accetta, i costumi di Gianluca Sbicca e i contributi video di Luca Brinchi e Daniele Spanò.
Giovedì 10 febbraio alle 18.00 nel foyer del Comunale si terrà un incontro aperto al pubblico in collaborazione con il Centro Internazionale di Studi Primo Levi che vedrà la partecipazione di Valter Malosti e del Prof. Alberto Cavaglion.
I biglietti per lo spettacolo sono in vendita presso le Casse del Teatro Comunale (mart-ven 11-14 e 17-19 e sab 11-14). On-line sul sito teatro-bolzano.it e sulla App Teatro Stabile di Bolzano (iOs e Android).

Dalla rassegna stampa

Da interprete e regista, Valter Malosti ha fatto un lavoro doppiamente riuscito sul doloroso racconto. Da un lato, l’operazione drammaturgica: con Domenico Scarpa ha «condensato» (il termine è suo) il romanzo nella versione del ’58 pubblicata da Einaudi. E dall’altro, la traduzione teatrale: il suo è uno spettacolo che si articola nei suoni. Quelli polifonici, che echeggiano una «fabbrica di morte» e insieme la babele di lingue del lager, nella partitura costruita da Gup Alcaro; quelli dei tre struggenti madrigali di Carlo Boccadoro sulle poesie di Levi; e soprattutto quelli della voce di Malosti stesso, amplificata e portata in primo piano; pacata, cristallina come lo è la parola di Levi, quasi quotidiana. Malosti interprete straordinario (due ore di parole senza nessun cedimento). Il risultato è uno spettacolo nitido, bello da vedere e ascoltare, segnato della stessa consapevolezza lucida e intransigente della testimonianza di Levi. Una immersione nel male di grande utilità civile, perché se ne esce colpiti e interrogati.
Anna Bandettini, La Repubblica

Un uomo, cappotto grigio, abito scuro, una valigia in mano avanza in uno spazio grigio che ha in sé qualcosa di inquietante, è lastricato di valigie, inghiottite e risputate dal piombo degli avvenimenti; la bella scena è di Margherita Palli. Valter Malosti meritoriamente porta in scena il romanzo, curando il testo con Domenico Scarpa, interpretandolo con bella misura ricercando quello «scrupolo di surrealismo» da cui si sentiva «premuto» Levi. Una interpretazione forte e attenta che si affida al potere della parola per illuminare l’atroce viaggio verso la ricercata demolizione dell’uomo da parte dell’uomo. Sopravvivere e raccontare.
Magda Poli, Il Corriere della Sera

Per certi versi pasoliniana è la necessità civile, molto forte nella scelta di Malosti, di riproporre oggi quell’atroce discesa negli abissi dell’anima. Senza traccia di retorica Malosti, solo in scena per quasi due ore, salvo i brevi interventi di due performer che incarnano le ombre di una deportata e di un internato senza volto, conferisce a quella sorta di puntiglioso sguardo scientifico una gamma di minute sfumature, ma sempre sul filo di un abbandono trattenuto. Fermo sul posto, in piedi accanto a un’emblematica valigia, cambia di tanto in tanto il tono e le posture seguendo le sottili variazioni della scrittura, che si accende di volta in volta di umori diversi, mantenendo tuttavia quel suo sorvegliatissimo ritmo interiore. Se c’è un lavoro il cui reale valore consiste, alla fine, soprattutto nella possibilità e nel dovere di essere mostrato e fatto conoscere, è proprio questo.
Renato Palazzi, Il Sole 24 Ore

È una vera esperienza assistere a Se questo è un uomo di Primo Levi, messo in scena e interpretato da Valter Malosti. C’è la parola di Primo Levi, anzi c’è lui tutto intero, e c’è Valter Malosti che la dice questa parola, con forza, senza orpelli, inchiodandoci a quel racconto così colmo di umanità anche nell’orrore dei fatti che racconta e che ha visto. Malosti si fa maschera e megafono di una tragedia, nel canto roco delle vittime, di una volontà addirittura filosofica perché, in fin dei conti, l’uomo continua ad essere malgrado tutto, malgrado gli orrori, malgrado forse l’impossibilità di sopravvivere a tanto, la misura di tutte le cose.
Maria Grazia Gregori, DelTeatro.it

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