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W IL TEATRO!

Teatro nella scuola 2012/2013

 

W il teatro01

Avvicinare ed appassionare i nostri studenti e le nostre studentesse al linguaggio del teatro: questo l'obbiettivo di "W il teatro!".

Un progetto avviato ventiquattro anni fa e che con l'anno scolastico 2012 | 2013 abbiamo voluto rinnovare ed aggiornare a partire dalla  denominazione. In questo lungo periodo di attività le presenze a teatro di pubblico giovanile hanno raggiunto la cifra  complessiva di 600.000, a conferma del grande successo di queste stagioni teatrali dedicate al mondo della scuola.
Introdurre alla conoscenza del teatro e dei suoi linguaggi espressivi la popolazione scolastica di lingua italiana della nostra provincia, con cicli di spettacoli professionali di teatro d'arte ai massimi livelli qualitativi, differenziati in funzione dell'età della fruizione, è l'obbiettivo
primario di questa importante iniziativa. Favorire inoltre il processo di affrancamento dalle così dette "schiavitù mediali", attraverso una disciplina eminentemente di gruppo e non tecnicamente riproducibile come quella teatrale, diventa un'esperienza dialettica, socializzante e, soprattutto, agita da esseri umani in carne e ossa che rappresentano uno spettacolo dal vivo, dando vita così a uno dei riti artistici collettivi simbolicamente più significativi della nostra tradizione culturale.
Gli spettacoli della rassegna, visti preventivamente da esperti del settore che fanno capo al Teatro Stabile, sono scelti tra il meglio dell'offerta nazionale di teatro dell'infanzia e della gioventù. Un settore in crescita che ha trovato da anni una sua specializzazione autonoma, mirata all'età e all'esigenze culturali dei fruitori, con il contributo determinante di pedagogisti e psicologi.e le conseguenze negative della crisi economica confermando gli oltre 100.000 spettatori delle ultime stagioni.

Le risposte artistiche sono di alto livello, sia dal punto di vista dei linguaggi teatrali che dei temi e dei contenuti approfonditi drammaturgicamente all'interno dello spettacolo proposto.
Questa stagione dedicata alle scuole è distribuita capillarmente sul territorio provinciale nei teatri di Bolzano, Merano, Bressanone, Brunico, Vipiteno, Laives, Egna (con ulteriore partecipazione dai centri minori organizzata con trasporti pubblici) e può contare oggi su una massa consolidata di spettatori per anno scolastico che si avvicina ai trentamila, con un numero di rappresentazioni di spettacoli professionali differenziati per fascia d'età, pari a circa cento per ogni stagione teatrale.
Per mettere a punto e realizzare questo progetto, consistente anche dal punto di vista quantitativo e quindi gestionale, oltre al team composto da Teatro Stabile e Dipartimento alla cultura, scuola e formazione professionale in lingua italiana della Provincia, abbiamo istituito un tavolo di consultazione con il mondo della scuola che si riunisce alcune volte all'anno, composto dai docenti referenti per il teatro e, nel caso delle scuole secondarie superiori di II grado, anche da due studenti in rappresentanza di ogni istituto.
È un modello gestionale al quale si guarda con attenzione da più parti del paese, sia per l'esperienza maturata, grazie alla continuità, che per la qualità dell'offerta degli spettacoli, per i risultati quantitativi e la diffusione capillare del progetto sul territorio.
Certamente "W il teatro!" è diventato nel tempo uno dei punti di riferimento, in campo nazionale, nell'ambito delle proposte teatrali dedicate al mondo della scuola, oltre a rappresentare una delle stagioni più ambite dai centri di attività teatrale rivolta all'infanzia e alla gioventù e dalle altre compagnie che storicamente si occupano di questo settore della produzione teatrale. Ci piace pensare che questo progetto di formazione del pubblico giovanile faccia incontrare il teatro ai nostri fi gli per la prima volta a sei anni e poi li accompagni gradevolmente per tutto il tragitto scolastico, fino alla maturità, salutandoli infi ne come spettatori adulti, maturi non solo per affrontare la vita, ma anche quel magico mistero che è il teatro. Spettatori ormai competenti e consapevoli, in grado di continuare il viaggio con le proprie gambe e la propria testa, liberi di scegliersi un percorso teatrale autonomo, con spirito critico e sensibilità affi nata dall'esperienza.
Un'altra valenza insostituibile dell'iniziativa è la funzione sociale. Solo attraverso "W il teatro!" possiamo avere la certezza che l'esperienza teatrale raggiunga tutti gli strati della popolazione, senza distinzione di censo e di nazionalità. Spesso gli spettacoli visti in questo contesto rappresentano l'unica occasione di relazione con i linguaggi della scena e questa è certamente un'ulteriore buona ragione di giustizia sociale per sostenere la necessità istituzionale del progetto.
Il pubblico dei bambini è forse il più difficile da affrontare a causa della sua immediatezza priva di filtri sociali e culturali, ma è anche il pubblico che può restituire le emozioni più forti, con il suo stupore autentico, la sua capacità di immedesimarsi nei personaggi e nelle storie più fantastiche e con la formidabile energia del suo sorriso. Quello che cerchiamo di fare con questo progetto è di non deluderlo.

 

Assessore alla cultura, scuola e formazione

professionale in lingua italiana

Christian Tommasini

 

Sovrintendente scolastica
Nicoletta Minnei

 

Direttore Teatro stabile
Marco Bernardi

 

scarica qui il libretto della stagione W IL TEATRO / Teatro nella Scuola 2012/2013

 

 

UN PUNTO ESCLAMATIVO

di Mafra Gagliardi
Oggi il teatro non è più il luogo esclusivo della finzione, i media producono finzione a getto continuo contaminandola con la realtà al punto di confondere i due termini.
Le ultime generazioni, cresciute a latte e cartoons, consumano video, films, sceneggiati che gareggiano in mirabolanti effetti speciali. Che senso ha proporre ancora al popolo bambino e adolescente una forma di spettacolo come quella teatrale: un prodotto artigianale, dalle origini arcaiche, povero di tecnologia, privo di effetti speciali, che oltrettutto obbliga a uscire dalla comoda penombra del soggiorno domestico e dal protettivo spazio dell'aula scolastica?
Perché il Teatro Stabile di Bolzano continua a proporre da ventitré anni a questa parte rassegne di spettacoli che hanno come target specifico un pubblico giovane, nelle varie gradazioni d'età, dalle Elementari alle Superiori? Sono domande intriganti, alle quali proverò a rispondere, riflettendo sui materiali emersi dalle mie trentennali ricerche sulla ricezione teatrale. Se il rapporto scuola-teatro va inserito nel tema più ampio della relazione tra scuola e arte in generale, la fruizione di uno spettacolo teatrale è il momento in cui una forma artistica fa irruzione nel processo educativo e si pone come esperienza diversa, provocatoria, suscitatrice di stupore, in grado di alterare gli abituali schematismi cognitivi. Può venire qualche dubbio sul fatto che la produzione di teatro/ragazzi raggiunga sempre esiti artistici assoluti (ma questo non si verifica sempre nemmeno nel teatro ufficiale). Però talvolta è vero il contrario: siamo di fronte a spettacoli che si apparentano con le ricerche più avanzate del teatro d'avanguardia e sono dei veri capolavori (il teatro/ragazzi è per definizione un teatro di sperimentazione e di ricerca). Per cui si può correttamente ritenere che questo genere di teatro, nella sua produzione media – che nel caso delle rassegne bolzanine viene accuratamente selezionata – faccia parte di un valoroso artigianato sorretto da una forte tensione verso l'arte, che pratica quindi i processi propri del fare artistico: con l'effetto di introdurre comunque i suoi spettatori in un universo comunicativo differente da quello della prassi scolastica: sostituisce un sapere narrativo a uno scientifico, pratica un linguaggio multicodice, usa la connotazione con preferenza per il simbolo e la metafora. Al significante corrisponde una pluralità di significati, per cui è massima l'interpretabilità e l'ambiguità dei termini. In questo modo, mette in moto nello spettatore processi psichici legati alla percezione e all'emozione, che chiamano in causa l'emisfero destro più che quello sinistro del cervello. Ma mentre le competenze dell'emisfero sinistro, deputato all'elaborazione logico-formale dell'informazione, al calcolo e alla consequenzialità, sono ritenute in genere dalla scuola fondamentali, quelle proprie dell'emisfero destro sono considerate poco significative, perché nel loro complessorimandano ad attività alle quali la nostra cultura attribuisce scarso valore: la capacità d'immaginazione, la creatività, il senso estetico, l'attitudine a comunicare e a sintonizzarsi con l'emotività dell'altro non sono "spendibili" in un panorama culturale come il nostro che privilegia l'efficienza e il produttivismo a tutti i costi. Ma sono valori fondamentali per un'armoniosa crescita del soggetto in fase evolutiva, perché permettono – per così dire – l'allargamento dell'Io, la liberazione dallo stereotipo, un profondo senso di benessere psichico, uno stimolo forte alla creatività soggettiva. Comincia a diffondersi nelle contemporanee teorie dell'apprendimento proprio questo principio: che esista una forma di creatività "passiva", propria di chi fruisce di un'esperienza estetica e ne venga stimolato in tutte le sue potenzialità immaginative, emotive, razionali. E allora: io non parlerei tanto di educazione al teatro ma di educazione e teatro: cioè della relazione che può (dovrebbe) stabilirsi tra una forma d'arte (il teatro) e una pedagogia intesa nella sua forma più alta come educazione capace di accogliere in sé la valenza altamente formatrice dell'estetica. Aggiungerei che almeno nella parte più avvertita del teatro per ragazzi e giovani vi è, accanto alla vocazione estetica sicuramente perseguita, una sotterranea e radicata vocazione antropologica: un desiderio, cioè, di soddisfare i bisogni profondi e diffusi di comunicazione, conoscenza, gioco, socialità di un popolo bambino e adolescenziale, sentito come parte integrante della società civile. Non tanto (o non solo) per quello che potrà diventare il futuro spettatore adulto abilitato a sottoscrivere l'abbonamento alla stagione di prosa della sua città, ma proprio in quanto bambino e ragazzo, che fa esperienza qui e ora di quel fatto complesso e plurale che è il teatro e ne fa un elemento significativo della propria maturazione emozionale e intellettiva. Sì, anche intellettiva: perché "nell'esperienza estetica le emozioni funzionano cognitivamente; quanto conosciamo attraverso l'arte è sentito nelle nostre ossa, nervi, muscoli, come è afferrato nella nostra mente, e tutta la sensibilità e la capacità di risposta dell'organismo prende parte nell'invenzione e nell'interpretazione dei simboli" (Neil Postman). Lo stimolo estetico insomma apre orizzonti sorprendenti, dove le molte diverse intelligenze che possediamo vengono stimolate e integrate le une con le altre. ... Quello che è stato definito "il lavoro dello spettatore" (anche dello spettatore bambino) è costituito infatti da un intreccio di operazioni percettive, valutative,mnemoniche, cognitive, emozionali, intellettive che interagiscono e interferiscono fra loro. Per cui quando parliamo di creatività non ci riferiamo solo a un campo prettamente artistico, ma a qualcosa che ha a che fare anche col pensiero scientifico che crea corto circuiti tra ordini di pensiero diversi e utilizza l'immaginazione per prospettare ipotesi nuove. E "stare a teatro è come stare nella bocca dell'immaginazione", secondo la folgorante metafora inventata da uno spettatore dodicenne. Ma voglio citare anche un'altra definizione di teatro, che mi piace particolarmente, creata da una spettatrice di otto anni: "il teatro è come un punto esclamativo". Se ci pensate, l'abituale rapporto che intratteniamo con la realtà si svolge – per così dire – su un piano orizzontale, come la forma paratattica nel discorso. L'esperienza artistica è l'irruzione di qualcosa che produce non soltanto una pausa, ma un sobbalzo, un cambiamento di prospettiva, una messa a fuoco dello sguardo: è uno choc percettivo, una sottolineatura del reale, una – sia pur momentanea e impercettibile – rivelazione che introduce un mutamento nella relazione con il quotidiano. E tutto questo avviene in uno spazio, quello teatrale, che è un vero luogo, contrapposto alla miriade di non-luoghi (Augé) che costellano il nostro quotidiano. Si inscrive a buon diritto – soprattutto per quel che riguarda l'infanzia – nella categoria dei luoghi antropologici: costruzione concreta e simbolica nello stesso tempo, spazio esistenziale, dove nel qui e ora dell'evento teatrale, l'io dello spettatore si estende, si dilata, si accresce nel sociale mentre si sottopone nello stesso tempo a un processo di identità, legato alla risposta soggettiva che ogni spettatore dà alla domanda di senso posta dallo spettacolo. Il teatro diventa il luogo in cui il corpo singolo si apre a un corpo collettivo, con effetti di rivitalizzazione, di scambio e accrescimento d'energia. Un luogo continuamente rifondato dallo stesso evento che vi si svolge, caratterizzato da una connotazione festiva. Non occorre citare P. Brook e "il teatro come cultura della relazione", per percepire come si stabilisca a teatro un momento alto di vissuto comunitario, una tensione tra gruppo e individuo, un'autentica interazione affettiva tra chi sta sulla scena e chi siede in platea, e anche tra gli stessi spettatori. Significative sono le testimonianze raccolte tra loro a questo proposito.

Nei confronti del teatro, la scuola può svolgere la funzione di alfabetizzazione, offrendo a tutti i bambini, ragazzi, adolescenti, la possibilità di un approccio, senza nessuna discriminazione di status culturale e/o economico (e si sa invece quanto sia elitaria, per questi motivi, la frequentazione teatrale dello spettatore adulto). Questa è opera preziosa, che solo la scuola può svolgere: e consiste, al di là della mera funzione di accompagnamento, nella costante educazione alla visione e all'ascolto, e nel coltivare sensibilità e attitudini che rischiano sempre più di essere travolte e soffocate dall'impero dei media elettronici. Purché si eviti di "scolarizzare" il teatro, di strumentalizzare cioè gli spettacoli in funzione didattico/istruttiva. Il teatro è formativo, lo si sa da sempre: ma dobbiamo intendere questa formazione nel senso in cui si dice che è salutare una nuotata, non un'iniezione di calcio. Parola di Gian Renzo Morteo, grande studioso di educazione e teatro.

 

 

 

 

 

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